Antichi Sapori di Andria, il profumo della semplicità
Semplice, persino timido, una persona che trasmette serenità e passione per il proprio lavoro. Ama farsi chiamare “il cuoco contadino”, ma quando gli parli capisci che, forse, al mestiere di cuoco, che pure gli piace, preferisce quello del contadino, per un rapporto quasi viscerale, che negli anni, ha sviluppato con la terra. E’ questo Pietro Zito.
L’ho conosciuto qualche anno fa, quando, da poco iniziata la mia avventura con l’Accademia Italiana Gastronomia Storica, avevo deciso di individuare i luoghi della mia regione, la Puglia, dove il principio di stagionalità e territorialità della cucina fosse davvero rispettato, dove la tradizione fosse la base di partenza per una cucina salutare e di raffinata semplicità. Questa mia ricerca approdò quasi subito ad Antichi Sapori, il ristorante che Pietro ha aperto 20 anni fa nel minuscolo borgo di Montegrosso e che, da allora, è diventato un vero tempio del Km 0.
Precedentemente,
Pietro lavorava in un ristorante a Castel del Monte, dove aiutava in
sala e amministrazione, ma non riusciva a farsi piacere quel tipo di
ristorazione, fatta di banali pennette alla vodka o farfalle al
salmone, in una terra che, invece, poteva dare molto di più grazie
ai suoi meravigliosi prodotti. Così, stanco di un lavoro che non gli
dava soddisfazione, si licenziò e aprì, insieme alla madre, una
trattoria familiare. Il successo arrivò subito, sin dal primo giorno
il ristorante fece registrare il tutto esaurito.
Comincio la mia intervista chiedendogli i motivi di questo immediato successo.
Pietro, come mai il ristorante ha lavorato a pieno ritmo sin dal primo giorno, la gente come faceva a conoscerti?
Sono nato qui e già molti clienti mi conoscevano. La mia, per l’epoca è stata una scelta controcorrente ma azzeccata, perché credo si sentisse veramente il bisogno di mangiare come a casa, la gente era stanca di una cucina finta, senza un’identità territoriale. Voleva tornare a mangiare i legumi, il pancotto, cercava la semplicità e la genuinità. I miei migliori clienti sono stati i rappresentanti, stanchi di mangiare fuori casa, che venivano ad Andria, terra di latticini e di ulivi, e non riuscivano a gustare neppure una buona burrata. Sembra assurdo, ma nei ristoranti di queste parti si consumavano i peggiori oli d’Italia. Aggiungi che anche la posizione in cui siamo è in una zona strategica, vicino all’ ex statale 98, qui vicino ci sono anche tre importantissime aziende vinicole come Rivera, Spagnoletti Zeuli e Torrevento.
Ok, ma tutto questo non mi sembra sufficiente a dare una spiegazione al grandissimo successo di questo ristorante.
Il resto lo ha fatto il passaparola, la gente veniva e, trovandosi bene, tornava e lo diceva agli amici.
Negli anni, poi, hai fatto altre scelte tanto importanti quanto coraggiose.
Infatti. Sicuramente una scelta vincente è stata quella di chiudere il sabato e la domenica. Così da noi viene solo la gente che ci vuole venire davvero, quelli che ci cercano, che vogliono provare la nostra cucina. Poi un’altra decisione importante è stata presa nel 2005, quando ho deciso di ridurre la sala, dimezzando il numero dei posti a sedere, per ingrandire la cucina. Oggi abbiamo una sala piccola, solo 30 posti e una cucina grandissima. Di conseguenza ho dovuto aumentare anche il personale. Attualmente ho undici dipendenti.
Scusami Pietro, ma mai nessuno ti ha preso per matto?
Certo! Così, però, abbiamo una cucina comoda con il laboratorio della pasta fresca e una buona cantina. Inoltre riscaldiamo l’acqua con i pannelli solari, il carbone e il raffreddamento dei frigoriferi, per cui abbiamo anche ridotto il consumo di energia elettrica.
Hai un orto splendido, ma davvero tutti gli ortaggi e le erbe che utilizzi provengono da lì?
Una rivista americana ha fatto una ricerca sulla moda del Km 0, verificando che, in tutto il Mondo, il 60% dei prodotti utilizzati da chi vanta questo tipo di ristorazione, provengono da migliaia di chilometri di distanza. Slow food ha risposto che in Italia, invece, ci sono realtà vere, citandoci tra queste. Così mi hanno chiamato dal New York Times per conoscerci meglio e, spulciando i nostri menù, hanno potuto ricondurre tutti gli elementi da me utilizzati in cucina alla stagionalità dell’orto. Credimi, tutto quello che utilizziamo proviene dal nostro orto e, per quanto riguarda carne, formaggi e salumi, dalle vicine masserie.
Parlami di questo orto.
E’ la mia vita, anche quando il ristorante è chiuso io sono lì a lavorare. Anche qui ho fatto fare lavori importanti, pensa che l’acqua per l’irrigazione la prendiamo a oltre 600 metri nel sottosuolo, dove ci sono falde inesauribili di acqua potabile. Qui produciamo tutto quello che la terra può dare alla nostra cucina, pomodori, zucche, zucchine, melanzane, cipolle, insalata, erbe spontanee come la borraggine, il marasciuolo, i vari tipi di menta…
Hai fatto persino costruire l’Altare della cucina.
Sì, è un grande tavolo in pietra della Murgia, costruito dall’artista altamurano Vito Maiullari direttamente nell’orto, con due piastre a gas che ci permettono di cucinare qualsiasi cosa. Ogni anno ad agosto, chiudiamo il ristorante e, in questo luogo, riproponiamo la tradizione della preparazione della passata di pomodoro, riunendo 5 o 6 famiglie, e lavorando tutti insieme dalle 18 del pomeriggio alle 5 della mattina. Mangiamo tutti insieme pane e pomodoro, spaghetti… un modo come un altro per tenere viva la tradizione e consolidare il nostro rapporto con la terra.
Quindi, anche in cucina utilizzi solo tecniche tradizionali?
Nella nostra cucina potremmo utilizzare qualsiasi tecnica, anche le più moderne, persino la molecolare. Ma quando mi chiedo perché la gente viene a mangiare ad Antichi Sapori, mi faccio passare ogni fantasia che possa portarmi fuori strada, perché l’identità deve essere rispettata. Ma questo non significa che siamo fermi, anzi, siamo in continua evoluzione. La nostra ricerca è, però, orientata a ricreare e modernizzare le tecniche tradizionali come, ad esempio, la cottura comunemente chiamata, “fuoco sotto e fuoco sopra”, con il forno di campagna. Ho tenuto anche una lezione ad Identità Golose su questo tipo di cottura, nella quale utilizzo la terra vergine, senza muffe né radici, che dà al cibo un profumo particolare.
Interessante, come funziona?
In un tegame largo metto il terreno vergine, sul quale appoggio un secondo tegame più piccolo con il cibo, che può essere una tiella di agnello, una pasta al forno, verdure o funghi “arraganati”. Copro tutto con un coperchio in vetro che mi sono fatto costruire, dal quale controllo la cottura e, attraverso un foro, permetto al vapore di uscire. La cottura è indiretta, quindi i tempi si raddoppiano, ma il cibo viene coinvolto dal profumo della terra, qualcosa di incredibile e di indescrivibile.
Non riesco ad immaginare che la terra profumi, o almeno che abbia un profumo capace di stimolare la voglia di mangiare un piatto che ne abbia assorbito gli aromi.
E no, caro mio. Devi credermi, la terra profuma. Ed è un profumo di cui io non posso più fare a meno.
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