Ristorante Lemì Tricase - intervista a Ippazio Turco
Prima di approcciarmi al Lemì di Ippazio Turco, ho sbirciato, come sempre faccio prima di recarmi a mangiare in un ristorante, il sito. Mi ha colpito ciò che Ippazio scrive di se stesso, quando sostiene che “fare cucina è una specie di "macaria" (magia)” e che ha deciso di esercitare il suo lavoro di cuoco a Tricase, il suo paese natale, cercando di non rovinare quello che i pescatori, i contadini, gli allevatori e la natura ogni giorno gli consegnano. Mentre sono in viaggio, leggo e rileggo queste semplici parole e mi domando chi mi troverò di fronte. Spesso sento parlare di esaltazione del prodotto, di miglioramenti ottenuti attraverso l’utilizzo delle tecniche più all’avanguardia, raramente sento parlare di un approccio alla cucina così rispettoso verso la materia prima. Questo pensiero dura il tempo del breve viaggio che, da Maglie, dove avevo visitato il pastificio Benedetto Cavalieri, fiore all’occhiello della produzione pastaia nazionale, mi porta nel Salento più estremo, quasi all’incrocio tra il mare Adriatico e lo Ionio. Quando entro nel Lemì, in un attimo capisco tutto: Ippazio è così, solare, aperto e dotato di una modestia che non ti aspetteresti da uno chef delle sue capacità.
Dopo la cena, in compagnia di Giovanni Mastropasqua, compagno di tante “battute sceme” fatte per lo più nei lunghi viaggi in macchina insieme, e durante i quali abbiamo progettato “La Tavola di Gourmondo”, decido di intervistare lo chef. E anche in questo caso la battuta non si fa attendere, così, pensando al famoso film di Totò, gli dico: “Giovà, vado a intervistare il Turco salentino!” Giovanni sorride appena - quasi per abitudine direi - e prima che possa reagire con una battuta ancora più scontata, Ippazio si accomoda con noi. Facile entrare in sintonia, così la chiacchierata si fa subito piacevole.
Ippazio, mi racconti perché hai intrapreso questo mestiere?
E’ una storia fatta di vari passaggi, Ho 41 anni e ho iniziato all’età di 12 anni facendo il garzone di pizzeria. Poi a 14 ho imparato a fare le pizze, così ho fatto prima la “stagione” nel Salento e,dai 16 anni in poi sono andato all’estero, non per i soldi ma per vivere nuove esperienze. Comunque in Francia, in Spagna e in Grecia si guadagnava bene, la crisi allora non c’era e con i soldi che guadagnavo mangiavo fuori, perché avevo la passione per l’enogastronomia e mi piacevano i ristoranti di lusso e quelli stellati.
Spendevi un sacco di soldi?
Sì, ma ero così affascinato da quelle cucine, che poi mi divertivo a fare delle prove, ovviamente quelle che poteva fare un ragazzo di quell’età. In seguito ho aperto una trattoria pizzeria a Tricase in società con i miei due fratelli Marcello e Vito. Vito è più grande di me di 5 anni e ha fatto studi alberghieri. In quegli anni è stato sicuramente un promotore della buona cucina nel basso Salento, tanto che nell’82, quando di cucina si parlava poco, fu premiato con la “Cucchiara salentina”.
Quando hai aperto il Lemì?
Nel 2005.
Assaggiando i tuoi piatti mi sono fatto l’idea di una cucina fondamentalmente semplice, fatta di prodotti di qualità e di cotture molto rapide. Ho notato una ricerca delle contrapposizioni di consistenze e di temperature, mentre sui sapori non c’è una ricerca del contrasto a tutti i costi. Mi sembra che tu preferisca l’esaltazione della materia prima attraverso accompagnamenti più in armonia che in contrasto. Sei d’accordo?
La mia è, appunto, una cucina semplice ma, nella sua semplicità, ha tanta ricerca e tecnica. I piatti che propongo, nascono sempre considerando che mi trovo nel Salento, vivo nel Salento e i migliori prodotti che riesco a reperire sono salentini, tranne pochissimi.
Quindi semplicità e grandi prodotti. Vai tu a fare la spesa?
Personalmente! La cosa più difficile è fare la spesa e trovare il prodotto come lo vuoi tu.
Sono molto incuriosito dal tuo piatto “Riccio di mare, riccio di terra”.
E’ curioso raccontare come è nato questo piatto. Erano le 7 del mattino ed ero andato in pescheria per fare la spesa. Lì c’è una macchinetta ad uso dei clienti e, mentre aspettavo, mi feci un caffè. Subito dopo portarono dei ricci freschissimi e ne volli assaggiare un paio. Può sembrare strano, ma il sapore del caffè che mi era rimato in bocca esaltava la fragranza del riccio. Così, rientrato nel ristorante, pensai questo piatto, che è fatto con una base di riso carnaroli al nero di seppia, al quale ho dato una forma tonda per ricordare il riccio, sormontato da un gelato al riccio di mare. Il gelato è senza zucchero, si tratta di coralli al naturale montati al Pacojet, che, strofinando le molecole, ne accentua il sapore. Il tocco finale è un piccolo chicco di cioccolato al caffè per ricreare quel risultato che avevo casualmente provato in pescheria. E’ il piatto gourmet che sta avendo più successo.
Un po’ ti piace evocare le forme delle cose. Ad esempio questo piatto che ci hai fatto assaggiare stasera e che ci è piaciuto molto, quasi un arancino fatto con il riso, le patate e le cozze, che hai rivestito con una panatura nera, ricreando la forma del mollusco, poi accompagnato da una crema di zucchina. Ti piace l’idea di chiamarlo “la cozza che si crede tajeddha”?
Carina come idea. Tu con quella storia di riso patate e cozze (il 27 aprile 2013 si è tenuta la giornata mondiale della tiella - ndr) hai fatto un casino e così tutti si sono messi a prepararlo, chi in maniera tradizionale, chi no. Io mi sono inventato questo e penso sia un piatto abbastanza riuscito.
Quanto è importante la famiglia nella tua attività?
E’ fondamentale, la nostra è una gestione familiare. Il nome Lemì è un acronimo formato dalle iniziali dei nomi di tutta la famiglia: i miei figli Luca e Eugenio, mia moglie Margherita e, in ultimo, Ippazio. Questo già fa capire quanto per me sia importante.
Percepisco un grande amore per il tuo lavoro.
Sì. Io sto bene, questa è la mia vita, il mio mondo, è il lavoro che ho sempre fatto e, probabilmente, non saprei fare altro.
La tua carriera continuerà qui nei prossimi anni oppure hai un sogno da realizzare?
Sono un sognatore e ho dei progetti non ancora ben definiti nel mondo dell’enogastronomia. La Merkel dice che la crisi ci sarà ancora per i prossimi 5 anni, quindi è meglio andare sul sicuro e andare avanti qui, stringendo i denti. Comunque non mi vedo fermo, cammino con la mente ogni giorno.
Potresti aprire un Lemì 2 ad Hong Kong e fare la tajeddha di riso patate e cozze con il basmati…Ma tu sei più interessato alla fama o al denaro?
Sandro, che ti devo dire! Fino ad ora, devo essere sincero, di soldi non ne ho guadagnati tanti, ma ho avuto qualche piccolo riconoscimento di cui vado fiero. Però i soldi servono…
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1 Commento
Bettiol
24/09/2017 - un regaloParlando con le persone che ho conosciuto in Salento pochi hanno provato la cucina di Ippazio preferendone altre assolutamente pessime. Non l'ho capito. A me piace tutto pure i piatti oltre al contenuto ovviamente!