Ristorante Righi San Marino


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Luigi Sartini, il grande talento del ristorante Righi di San Marino


Se è vero, com’è vero, che l’obiettivo della Tavola di Gourmondo è quello di avvicinare i giovani al mondo della ristorazione di grande qualità, il nostro compito è anche quello di “stanare” questi grandi chef dal loro ambiente naturale, che ovviamente è la loro cucina, per raccontarveli attraverso le chiacchierate che abbiamo la possibilità di fare davanti ad un piatto o ad un buon bicchiere di vino. Grandi professionisti certamente, capaci di condurre una brigata e trasmettere alla squadra la propria filosofia, il proprio modo di vedere la cucina, spesso più abituati a dialogare con le materie prime che con il mondo esterno. Luigi Sartini, chef del rinomato Ristorante Righi di San Marino, non fa eccezione: molto più a suo agio tra i fornelli che di fronte a un giornalista, con grande disponibilità ci ha raccontato le sue esperienze, i suoi viaggi e il suo modo di pensare con la genuina passione di chi questo mestiere lo fa per predestinazione e non per caso. Eccovelo servito, come si suol dire, su di un piatto d’argento.
 

Luigi, da quanto tempo sei lo chef di questo ristorante?
Ho iniziato a novembre del ’90, giovanissimo, avevo solo 23 anni.

Quali sono state le tue esperienze precedenti?
Ho fatto prima la scuola alberghiera, poi sono stato a lavorare nei migliori alberghi della Riviera e, successivamente, ho fatto due anni importantissimi per la mia formazione con colui che considero il mio maestro, Gino Angelini. Sono stato anche sei mesi da Gualtiero Marchesi, un’esperienza che mi ha aperto la mente, mi ha aiutato a costruire un’elasticità mentale che serve tantissimo in questo mestiere. Marchesi mi ha insegnato la semplicità, tre ingredienti nel piatto. Poi la sua cultura è davvero a 360 gradi e questa è la sua grandezza. Per me è davvero il grande maestro della cucina italiana.

Secondo te la cucina italiana sta andando nella giusta direzione?
Io condivido pienamente il pensiero di Marchesi quando dice che molta della cucina che si sta facendo adesso non è cucina italiana. In molti casi non c’è più una base legata al territorio.

Eppure tutti parlano di territorio.
E’ vero, ma io molte volte non lo ritrovo. Troppo spesso vedo colleghi scimmiottare Ferran Adrià inserendo nei piatti una schiuma, un’aria. Finché lo fa lui va bene, ma che senso ha copiarlo? In alcuni piatti non sarebbero neppure più necessari coltello e forchetta, basterebbe il cucchiaio o la cannuccia. Io non sono contrario all’innovazione, ma non è necessario correre sempre dietro alla moda del momento.

A proposito di mode, cosa ne pensi dei cuochi in televisione?
Si è passati dagli anni ‘80 in cui il cuoco era rintanato in cucina e basta, all’odierna esagerazione. Mi chiedo quando hanno il tempo di stare davvero in cucina, quelli che stanno costantemente in video. Trovo che sia una cosa deleteria, come dice Bottura si perde la visione della realtà di questo lavoro. Si ha un’idea generale che il nostro lavoro sia diventato spettacolo, invece è sacrificio, ti devi svegliare presto per andare a fare la spesa, devi organizzare la cucina, devi capire quali sono le esigenze della clientela. Non è spettacolo. Tutto questo crea dei problemi a livello dei giovani, nel senso che si fanno questa idea sbagliata, mentre dovrebbero partire da quelle basi che non hanno più. Io faccio fatica a trovare dei ragazzi che comprendano questi concetti.

Mi descrivi la tua cucina?
Semplice, senza troppi fronzoli, pochi ingredienti ben riconoscibili in ogni piatto. Mi piacciono molto le verdure di stagione. In sintesi penso si possa definire una cucina di carattere.

Ti piacciono i contrasti?
I piatti sono generalmente concepiti sul contrasto anche se tono su tono è sicuramente più difficile da equilibrare.

Raccontami una tua ricetta che ritieni geniale.
Geniale è una parola grossa che raramente può essere usata nel nostro campo. Comunque un piatto che mi ha dato grande soddisfazione è un’insalata di fragole con gelato di piselli e aceto balsamico. Tre semplici ingredienti, ma grande gusto.

Quando la figura dello chef, come nel tuo caso, non corrisponde anche a quella del patron, il ristorante deve avere la mentalità del primo o del secondo?
Quella di tutti e due. Bisogna cercare di avere un pensiero comune, un modo di pensare che può culminare in grandi incontri o grandi scontri. Due entità diverse che devono andare d’accordo, perché, in fondo si tratta di un matrimonio. Comunque in cucina io ho totalmente carta bianca.

Ma ci sarà qualcosa in cui tu e Righi non andate d’accordo.
Certamente. Roberto Righi è milanista io juventino! Anche se quando lavoravo da Marchesi andavo a vedere il Milan di Sacchi, che mi faceva divertire davvero. Questa nostra diversa fede calcistica sfocia in uno sfottò sano e divertente.

Quanto sono importanti i riconoscimenti da parte delle guide?
Io devo accontentare soprattutto il cliente, se poi quello che faccio è apprezzato anche dalle guide ben venga. La stella Michelin è arrivata dopo 18 anni di lavoro in questo ristorante e ne siamo stati felicissimi. Ma i clienti devono essere sempre al centro della nostra attenzione, io ho persino modificato dei piatti parlando con loro. Anche se sono caratterialmente poco portato a girare tra i tavoli.

Per timidezza?
Più che timidezza, introversione.

Una domanda che faccio spesso: “A casa chi cucina tu o tua moglie?”
Mia moglie e io non intervengo, perché è giusto così. La cucina non è fatta solo di tecnica, ma anche di sensazioni, di amore per quello che fai e, spesso, di emozioni legate ad un ricordo.

Che vuoi dire?
Che fra tante tagliatelle al ragù, fatte anche da bravissimi chef, le migliori sono sempre quelle della tua mamma. Per non parlare di quelle avanzate che si saltavano in padella bruciacchiandole.

Menu Giovane Gourmet


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Siamo spiacenti, menu non disponibile! Il menu per questo ristorante non è ancora disponibile. Ritorna a farci visita nei prossimi giorni.


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